Una volta mio cugino si ammalò. Il raffreddore non gli dava tregua e il naso sembrava un rubinetto rotto. Mia zia, allora, escogitò un sistema per impedire ai microbi di restare in casa. Sul comodino di mio cugino- fa rima, ma è venuta da sola- a volte arrivano senza essere invitate, le rime- sul comodino, dunque, mise un sacchetto di plastica e qualche decina di pacchetti di fazzoletti- ancora! giuro che anche stavolta è arrivata di sua iniziativa- con lo scopo di non infettare i mobili- pensate al dramma di un comodino col raffreddore, povero lui!?! Il dovere di mio cugino era quello di soffiare il naso e di riporre il ricettacolo di muchi nella busta che, una volta piena, veniva sigillata e portata direttamente nel cassonetto per strada- no, mia zia è casalinga, non lavora per i ris-. Allo scopo di dare un senso a tutto questo circo, raccontai a mio cugino che i fazzoletti usati venivano raccolti perché servivano alla nonna per preparare uno dei suoi rimedi antiraffreddore. Dissi che li strizzava e che usava il muco per fare il brodo che quotidianamente gli veniva propinato. Vomitò. E da quel giorno non ha mai più mangiato brodaglie e affini.
IL CONTENUTO
Amos Perbacco era un tipo mattiniero. Tutti i giorni, quando la sveglia suonava, lui dondolava le gambe fuori dal letto e indossava l'uniforme appena stirata al posto del pigiama.
(Il raffreddore di Amos Perbacco, Philip ed Erin Stead, Babalibri 2011, € 13,00- ISBN: 9788883622489)